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VENERE(3)

 

Transiti

Un transito di Venere è un evento molto raro, ed avviene quando il pianeta si interpone fra la Terra e il Sole, oscurandone una piccola parte del disco. Solo gli ultimi due transiti, quelli del 2004 e del 2012, sono stati osservati con strumenti scientifici moderni e con le conoscenze attuali del pianeta dopo l'esplorazione delle sonde spaziali. Tuttavia in passato i transiti di Venere furono considerati molti importanti per diversi fattori, tra cui quello della esatta misurazione della distanza Terra-Sole. I transiti avvengono a coppie, con un intervallo di otto anni da un transito all'altro di ciascuna coppia, e intervalli di 121,5 e 105,5 anni tra una coppia e un'altra.
 
Venere nel transito del 2004. Chiaramente visibile l'alone analogo a quello osservato da Lomonosov nel 1761

C'è qualche menzione di transiti di Venere sul Sole in epoche antiche, come quella dello scienziato persiano Avicenna, che nel 1032 riporta di aver osservato Venere come una macchia che passava sopra il Sole, concludendo che il pianeta fosse più vicino al Sole di quanto lo sia la Terra. L'astronomo spagnolo Ibn Bajja menzionò anch'esso di un transito Mercurio e Venere sul Sole nel XII secolo, tuttavia studi storici di Bernard R. Goldstein e altri nel XX secolo non hanno confermato tali transiti che sarebbero stati osservati ad occhio nudo, concludendo che molto probabilmente essi avevano osservato delle macchie solari.

File:2004 Venus transit UV.ogg
 
Transito di Venere rispetto al Sole

La prima previsione di un transitodi Venere fu di Keplero nel 1631, anche se nessuno all'epoca riuscì ad osservarlo perché non visibile dall'Europa. Keplero non aveva previsto il transito che avvenne 8 anni dopo, cosa che fece il giovane astronomo britannico Jeremiah Horrocks, che nel 1639 osservò per primo un transito di Venere davanti al Sole. Da Horrocks in poi sono stati osservati solo altri sei transiti nel corso della storia, tra cui quello del 1761 che permise all'astronomo russo Lomonosov di predire l'esistenza di un'atmosfera su Venere. In quegli anni però lo studio di diversi astronomi era diretto alla stima della distanza Terra-Sole, su suggerimento di Halley avvenuto agli inizi del XVIII secolo e diretto ai giovani astronomi dell'epoca, che avrebbero potuto essere ancora in vita in occasione dei transiti del 1761 e del 1769. Molti astronomi di diverse nazioni viaggiarono per vari luoghi del mondo, da dove sarebbero stati visibili i transiti previsti. Particolarmente sfortunato fu l'astronomo franceseGuillaume Le Gentil, che dopo aver perso il transito del 1761 visibile in India perché a bordo di una nave in movimento, perse quello di otto anni dopo perché quel giorno il cielo si rannuvolò. Tornato in Francia ebbe anche la brutta sorpresa di trovarvi la moglie risposata mentre lui era stato dato per morto dalle autorità. Il famoso navigatore britannico James Cook fece il suo primo viaggio diretto a Tahiti perché mandato dalla Royal Society a studiare un transito di Venere. Nel 1771 un altro astronomo francese, Jérôme Lalande, utilizzando i dati dei transiti precedenti, stimò in 153 milioni di chilometri la distanza della Terra dal Sole, distanza poi corretta nel secolo successivo da Simon Newcomb in 149,67 milioni di km, grazie alle osservazioni dei transiti del 1874 e del 1882.

Missioni spaziali

È oggi noto che Venere possiede una superficie rovente sulla quale insiste un'atmosfera corrosiva con un'altissima pressione.
 
La sonda sovietica Venera 13, la prima a inviare foto a colori della superficie di Venere

In passato questi dati erano tuttavia sconosciuti e ciò lasciò campo aperto a qualsiasi ipotesi. Carl Sagan teorizzò, per esempio, che Venere fosse coperta da un oceano non di acqua, ma di idrocarburi. Altri studiosi ritenevano che il pianeta fosse ricoperto da paludi mentre altri ancora ipotizzavano un mondo desertico. Gli scienziati sovietici delle missioni Venera erano così propensi ad aspettarsi un oceano che sulla sonda Venera 4, lanciata nel1967, installarono un morsetto fatto di zucchero bianco raffinato che, a contatto con l'acqua (o un altro fluido dotato della giusta composizione e temperatura), si sarebbe sciolto facendo scattare l'antenna che con questo stratagemma si sarebbe salvata dall'affondamento della sonda. Ma su Venere la sonda Venera 4 non solo non trovò un oceano, ma non raggiunse neppure la superficie. Smise infatti di trasmettere quando la pressione atmosferica superò le 15 atmosfere, soltanto una frazione delle 93 atmosfere presenti sulla superficie del pianeta.

Si trattava, comunque, di un risultato straordinario: per la prima volta un veicolo costruito dall'uomo aveva comunicato dati relativi all'analisi delle condizioni di un ambiente extraterrestre. I sovietici studiarono quindi una sonda più resistente. Il team di V. G. Perminov ipotizzò dapprima che tale sonda dovesse resistere a una pressione di 60 atmosfere, quindi di 100 e infine di 150 atmosfere. Per tre anni, il team di Perminov testò le sonde in condizioni estreme e, per simulare l'atmosfera di Venere, costruì la più grande pentola di Papin del mondo - in pratica una pentola a pressione gigantesca - in cui le sonde venivano immesse finché non si schiacciavano o fondevano.

Venera 7 fu costruita per sopportare una pressione di 180 atmosfere, e lanciata il 17 agosto 1970 il 15 dicembre dello stesso anno trasmise il segnale tanto atteso. La prima sonda costruita dall'uomo era atterrata su un altro pianeta e aveva comunicato con la Terra. Nel 1975 i sovietici inviarono la sonda Venera 9 equipaggiata con un disco frenante per la discesa nell'atmosfera e di ammortizzatori per l'atterraggio, che trasmise immagini in bianco e nero della superficie di Venere, mentre le sonde Venera 13 e 14 rimandarono le prime immagini a colori di quel mondo.

Nel 1978 gli statunitensi lanciarono diverse sonde separate verso Venere, nell'ambito del progetto Pioneer Venus, per lo studio in particolar modo dell'atmosfera venusiana. Negli anni ottanta i sovietici proseguirono invece con le sonde Venera: le Venera 15 e 16lanciate nel 1983 e dotate di Radar ad apertura sintetica, mapparono l'emisfero nord del pianeta rimanendo in orbita attorno ad esso. I sovietici lanciarono anche, nel 1985, le sonde Vega 1 e 2, rilasciarono moduli sulla superficie, prima di andare verso l'incontro con la cometa di Halley, l'altro oggetto di studi di quelle missioni. Vega 2 atterrò nella regione Aphrodite raccogliendo un campione di roccia contenente Anortosite - troctolite, materiale raro sulla Terra ma presente negli altopiani lunari.

Nel 1990 la NASA, utilizzando lo Space Shuttle, lanciò verso Venere la Sonda Magellano, dotata di radar che permise una mappa quasi completa del pianeta, con una risoluzione nettamente migliore rispetto alle precedenti missioni, lavorando per ben 4 anni prima della caduta e della conseguente distruzione nell'atmosfera venusiana, anche se qualche frammento potrebbe essere arrivato in superficie.

Negli ultimi decenni, per risparmiare combustibile, Venere è stato spesso usato come fionda gravitazionale per missioni dirette verso altri pianeti del sistema solare, come nel caso della Galileo, diretta verso Giove e le sue lune, e la Cassini-Huygens, diretta all'esplorazione del sistema di Saturno e che effettuò due fly-by con Venere tra il 1998 e il 1999, prima di dirigersi verso le regioni esterne del sistema solare.

Missioni attuali e future

Venus Express, lanciata nel 2006, ha eseguito una mappatura completa della superficie, e nonostante fosse inizialmente prevista una durata della missione di due anni, essa è stata estesa almeno fino al dicembre del 2014.

PLANET-C, o Venus Climate Orbiter, è una sonda giapponese che, seguendo la tradizione nipponica, è stata ribattezzata dopo il lancio col nome di Akatsuki ed è stata lanciata il 20 maggio 2010 dal Tanegashima Space Center. Avrebbe dovuto entrare in orbita attorno a Venere nel dicembre del 2010, con lo scopo di studiare la dinamica dell'atmosfera venusiana, ciononostante, a causa di un problema col computer di bordo, la manovra fallì. Rimasta comunque intatta, un nuovo tentativo per entrare nell'orbita venusiana è previsto per il 2016 o il 2017.

Tra le missioni candidate per il decennio 2013-2022, nell'ambito del Programma New Frontiers della NASA, la Venus In-Situ Explorer era una delle candidate possibili da scegliere, tra vari progetti esplorativi proposti. La missione comprendeva lo studio chimico-fisico della sua crosta e l'analisi della sua atmosfera, con campioni del suolo venusiano da prelevare e studiare sul posto, visti gli alti costi che comporta riportare sulla Terra eventuali campioni. Inizialmente programmata per essere lanciata nel 2013, venne poi data la priorità alla missione OSIRIS-REx, che sarà lanciata nel 2016 e si dedicherà all'esplorazione degli asteroidi.

Venera-D è un progetto dell'Agenzia Spaziale Russa, che inizialmente prevedeva l'atteraggio di un lander sulla superficie nel 2014. Tuttavia in fase di riprogettazione della missione, dopo i fallimenti delle sonde Phobos, il progetto perse priorità rispetto ad altre missioni, all'interno del programma spaziale russo e, dopo che il lancio è stato rimandato al 2024, nell'agosto del 2012 si è deciso di posticipare la missione al 2026.

Il 26 novembre del 2013 la NASA ha lanciato anche il Venus Spectral Rocket Experiment (VeSpR), un telescopio spaziale in orbita attorno alla Terra per lo studio dell'atmosfera di Venere nell'ultravioletto, non possibile dalla Terra in quanto l'atmosfera terrestre assorbe la maggior parte dei raggi UV. Lo scopo degli scienziati è individuare la quantità di atomi di idrogeno e deuterio rimasti nell'atmosfera venusiana, per ricostruire la storia del pianeta e capire se effettivamente esisteva una grande quantità di acqua nel passato come gli astronomi ipotizzano.

 
 
Foto a colori della superficie di Venere inviate dalla sonda sovietica Venera 13
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