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MERCURIO(2)

Storia delle osservazioni

Popoli antichi

Le osservazioni più antiche del pianeta di cui si ha traccia storica sono riportate nelle tavole MUL.APIN, eseguite probabilmente da astronomi assiri intorno al XIV secolo a.C. Il nome utilizzato per designare Mercurio in tali testi, redatti in scrittura cuneiforme, è trascritto come Udu. Idim. Gu\u4.Ud ("il pianeta saltellante"). Le registrazioni babilonesirisalgono al I millennio a.C. I Babilonesi chiamarono il pianeta Nabu (o Nebo), dio della scrittura e della saggezza nella loro mitologia.

Gli Egizi e i Greci assegnarono a Mercurio - come anche a Venere - due nomi: uno come stella del mattino, l'altro come stella della sera. Per gli Egizi, alle due apparizioni corrispondevano rispettivamente Seth, un dio nefasto che veniva scacciato dalla luce accecante del Sole nascente, e Horus, un dio benigno, associato alla figura del faraone e dello Stato. Nella tradizione greca, invece, sono rintracciabili due coppie di nomi per Mercurio. La più antica, attestata nell'epoca di Esiodo (fine dell'VIII, inizio del VII secolo a.C.), consistette in Στίλβων (Stilbon, "il brillante"), come stella del mattino, e Ἑρμάων (Hermaon), come stella della sera. Successivamente, tali denominazioni furono sostituite da Apollo ed Hermes, rispettivamente.Alcune fonti attribuiscono a Pitagora (intorno al 500 a.C.) la comprensione del fatto che si trattasse di un unico pianeta,[11] altre invece propendono per un periodo più tardo, intorno al 350 a.C. I Romani chiamarono il pianeta Mercurio, in onore del messaggero alato degli dei, il dio romano del commercio e dei viaggi corrispondente al greco Hermes. Probabilmente, il pianeta ricevette tali nomi a causa del suo rapido moto attraverso il cielo, superiore a quello di tutti gli altri pianeti.

Tolomeo, nel II secolo a.C., scrisse della possibilità che Mercurio transitasse dinanzi al Sole nelle Ipotesi Planetarie. Suggerì che nessun transito era stato fino ad allora osservato o a causa delle dimensioni del pianeta, troppo piccolo perché il fenomeno risultasse osservabile, o perché l'evento era poco frequente.

 
Il modello di Ibn al-Shatir per le apparizioni di Mercurio utilizza la moltiplicazione degli epicicli attraverso la coppia di Tusi, eliminando quindi l'eccentrico e l'equante.

Nell'Antica Cina, Mercurio era conosciuto come Chen Xing (辰星), la Stella delle Ore. Era associato con il Nord e l'elemento dell'acqua nel Wu Xing. Nelle moderne culturecinesecoreanagiapponese e vietnamita si è conservato il legame con il Wu Xing e il pianeta è chiamato "la stella dell'acqua" (水星).

Nella mitologia indiana, Mercurio era identificato con il dio Budha, che presiedeva il Mercoledì. Nella mitologia germanica e norrenna, il pianeta e il giorno erano dedicati al dioOdino (Woden, in germanico). I Maya potrebbero aver rappresentato il pianeta come un gufo (o forse come quattro gufi, due che ne esprimevano le caratteristiche mattutine e altri due per quelle serali), che recava messaggi all'oltretomba.

Nel trattato di astronomia indiano del V secoloSurya Siddhanta, è fornita una stima del diametro di Mercurio con un errore rispetto al valore oggi noto inferiore dell'1%. Tuttavia, il calcolo era basato sull'inaccurata supposizione che il diametro angolare del pianeta fosse di 3,0 arcominuti.

Nell'astronomia islamica medievale, l'astronomo andaluso Al-Zarqali nell'XI secolo descrisse il deferente dell'orbita geocentrica di mercurio come un ovale, sebbene ciò non influenzò in seguito né le sue teorie, né i suoi calcoli astronomici. Nel XII secolo Ibn Bajja osservò "due pianeti come macchie scure sulla faccia del Sole". Nel XIII secoloQotb al-Din Shirazi dell'Osservatorio di Maragheh suggerì che il suo predecessore potesse aver osservato il transito di Mercurio o di Venere sul disco solare. Va tuttavia osservato che questi rapporti medievali di transiti planetari furono in seguito reinterpretati come osservazioni di macchie solari.)

Nel XV secolo, l'astronomo indiano Nilakantha Somayaji della Scuola del Kerala sviluppò un modello planetario del Sistema solare parzialmente eliocentrico, in cui Mercurio orbitava attorno al Sole che, a sua volta, orbitava attorno alla Terra e simile al Sistema ticonico, suggerito dall'astronomo danese Tÿcho Brahe nel XVI secolo.

Osservazioni in Epoca scientifica

 
Mappa delle formazioni di albedo di Mercurio prodotta da Giovanni Schiaparellianni 1880.

Galileo Galilei compì le prime osservazioni telescopiche di Mercurio all'inizio del XVII secolo. Sebbene fosse riuscito nell'osservare le fasi di Venere, il suo telescopio non era sufficientemente potente da permettergli di cogliere anche quelle di Mercurio, che furono scoperte nel 1639 da Giovanni Battista Zupi, fornendo la prova definitiva che Mercurio orbita intorno al Sole. Nel 1631, intanto, Pierre Gassendi era stato il primo a osservare un transito di Mercurio innanzi al Sole, secondo le previsioni fornite da Giovanni Keplero.

Evento raro nell'astronomia è il passaggio di un pianeta davanti a un altro (occultazione), se visti dalla Terra. Mercurio e Venere si occultano ogni pochi secoli e l'evento del 28 maggio 1737 è l'unico storicamente osservato (daJohn Bevis all'Osservatorio di Greenwich). La prossima occultazione di Mercurio da parte di Venere avverrà il 3 dicembre 2133.

Le difficoltà insite nella osservazione di Mercurio hanno determinato che il pianeta sia stato il meno studiato tra gli otto del Sistema solare. Nel 1800 Johann Schröter compì alcune osservazioni delle caratteristiche superficiali e affermò di aver osservato montagne alte 20 kmFriedrich Wilhelm Bessel utilizzò i disegni di Schröter e stimò, erroneamente, un periodo di rotazione di 24 ore e un'inclinazione dell'asse di rotazione di 70°. Negli anni ottantadell'OttocentoGiovanni Schiaparelli compose mappe più accurate della superficie e suggerì che il periodo di rotazione del pianeta fosse di 88 giorni, uguale a quello di rivoluzione, e che il pianeta fosse in rotazione sincronacon il Sole così come la Luna lo è con la Terra. L'impegno nel mappare la superficie di Mercurio fu proseguito da Eugène Michel Antoniadi, il quale pubblicò le proprie mappe e osservazioni in un libro nel 1934. Molte caratteristiche superficiali del pianeta, e in particolare formazioni di albedo, prendono il loro nome dalle mappe di Antoniadi.

 
Mappa di Mercurio prodotta da Eugène Michel Antoniadi nel 1934.

Nel giugno del 1962, ricercatori sovietici dell'Istituto di radio-ingegneria ed elettronica dell'Accademia delle Scienze dell'URSS diretto da Vladimir Kotelnikov furono i primi a eseguireosservazioni radar del pianeta. Tre anni dopo, ulteriori osservazioni radar condotte con il radiotelescopio di Arecibo dagli statunitensi Gordon Pettengill e R. Dyce indicarono in modo conclusivo che il pianeta completa una rotazione in 59 giorni circa. La scoperta risultò sorprendente perché l'ipotesi che la rotazione di Mercurio fosse sincrona era ormai ampiamente accettata e vari astronomi, riluttanti ad abbandonarla, proposero spiegazioni alternative per i dati osservativi. In particolare, la temperatura notturna della superficie del pianeta risultò molto più alta rispetto al valore atteso nel caso di rotazione sincrona e, tra le varie ipotesi, fu proposta l'esistenza di venti estremamente potenti che avrebbero ridistribuito il calore dalla faccia illuminata a quella buia.

L'astronomo italiano Giuseppe Colombo osservò che il periodo di rotazione era circa due terzi di quello orbitale e propose una risonanza 3:2 invece che l'1:1 prevista dalla teoria della rotazione sincrona. I dati raccolti dalla missione spaziale Mariner 10 confermarono successivamente il fatto. In considerazione di ciò, si può concludere che le mappe di Schiaparelli e Antoniadi non erano "errate". Gli astronomi osservarono le stesse formazioni di albedo ogni seconda orbita e le registrarono, ma non prestarono attenzione a quelle viste nel frattempo, a causa delle condizioni osservative scarse dell'altra faccia di Mercurio.

Le osservazioni dalla Terra non permisero di acquisire maggiori informazioni su Mercurio e le sue principali caratteristiche ci rimasero ignote finché non fu visitato dalla prima sonda spaziale, il Mariner 10. Tuttavia, recenti progressi tecnologici hanno migliorato anche le osservazioni dalla Terra e, grazie alle osservazioni condotte dall'Osservatorio di Monte Wilson con la tecnica del lucky imaging nel 2000, è stato possibile risolvere per la prima volta dettagli superficiali sulla porzione di Mercurio che non era stata fotografata dal Mariner 10. Osservazioni successive hanno permesso di ipotizzare l'esistenza di un cratere d'impatto più grande del Bacino Calorisnell'emisfero non fotografato dal Mariner 10, cui è stato informalmente dato il nome di Bacino Skinakas. La maggior parte del pianeta è stata mappata dal radiotelescopio di Arecibo, con una risoluzione di 5 km, compresi depositi polari in crateri in ombra che potrebbero essere composti da ghiaccio d'acqua.

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